quarta-feira, 22 de fevereiro de 2012

O que o Google sabe sobre você?

* Se você usa o Adwords, eles conhecem o seu plano de marketing e sabem o seu padrão de compras.

* Se você usa o Adsense, eles sabem qual dos seus sites ganham dinheiro, eles sabem como segmentar os anúncios para o seu site, eles sabem quanto pagar e quanto para mantê-lo.

* Se você usa Alertas, eles sabem quais são os tópicos importantes para você.

* Se você usa o Analytics, eles sabem quais sites você controla e/ou monitora, sabem sobre as variações e tendências de seu conteúdo.

* Se você usa o Blogger, eles sabem sobre o que você escreve. Cada palavra, cada frase, tudo e cada link.

* Se você usa o Calendar, eles sabem onde você foi, é, e qual deve ser o plano.

* Se você usa o Catalog Search / Product Search, eles sabem que os itens que são de interesse para você e quais os itens que você realmente compra.

* Se você usa o Checkout, eles conhecem todas as suas informações pessoais: nome, endereço, telefone, cartão de crédito.

* Se você usa Chrome, eles sabem tudo sobre a sua navegação na internet.

* Se você usa o Desktop, eles sabem o que você tem no seu PC.

* Se você usa Google Textos e Planilhas, eles sabem que você está escrevendo um TCC sobre Código-Fonte Aberto, e que sua conta corrente só terá R$100 no final da viagem.

* Se você usa o Earth, eles sabem os lugares do planeta que você tem desejo de pesquisa.

* Se você usa o FeedBurner, eles sabem tudo sobre os seus leitores e seus níveis de leitor.

* Se você usa o Finance, eles sabem sobre a existências de ações (e outros instrumentos) que você é proprietário, o que você monitora, e as tendências que você quer seguir.

* Se você usa o Gmail, eles sabem tudo. Sim, tudo.

* Se você usa os Grupos, eles sabem que você tem um fetiche por extraterrestres e discos voadores.

* Se você usa a Pesquisa de Imagens, eles sabem que você gosta da Britney Spears e tem um desejo estranho para o chocolate amargo e gosta de fotos de gatos.

* Se você usar Pesquisa Local, eles sabem onde você está agora, e no que você está interessado.

* Se você usa o Maps, eles sabem onde você poderia estar, onde você pode estar indo, onde você foi. E se você tiver GPS, eles sabem onde você está neste exato momento.

* Se você usa o Reader, eles sabem todos os seus interesses

* Se você usa o Search (pesquisa no Google qualquer), o Google sabe todas as pesquisas que você tenha feito.
* Se você usa o Google Talk, eles sabem quem são seus amigos.

* Se você usa a Toolbar, eles conhecem todos os web sites que você visita.

* Se você usa o Translate, eles sabem que você está aprendendo alemão.

* Se você usa o Google Video, a mesma coisa que para o YouTube.

* Se você usa o YouTube, eles conhecem todos os vídeos que você assistiu, os gêneros que você gosta, os vídeos danados que você anda assistindo, aqueles que você comentou/favoritou, e os vídeos que você enviou.

domingo, 19 de fevereiro de 2012

Cozinha da Pintura: Preparando Tinta a Óleo Artesanal II

Cozinha da Pintura: Preparando Tinta a Óleo Artesanal II: No artigo Diferenças entre Tintas Artesanais e Industriais vimos informações básicas sobre esses materiais, analisando suas vantagens e des...

segunda-feira, 13 de fevereiro de 2012

Leonardo da Vinci Scienziato by Prof. Vincenzo Burzagli


Prof. Vincenzo Burzagli





Leonardo da Vinci
Scienziato


Firenze

Stabilimento Tipografico S. Giuseppe

1910

Se assistiamo al lavoro delle macchine che adopra l'in­dustria moderna, nasce in noi, con la speranza in un crescente benessere sociale, un sentimento di gratitudine verso i cul­tori della Fisica, i quali, pur cercando sopra tutto il vero, po­sero a disposizione degli uomini le naturali energie.
E se pel desiderio di conoscere il faticoso progredire di quella scienza, sia per i criteri che guidano il pensiero, sia per la importanza delle verità conquistate e delle utili appli­cazioni, domandiamo alla storia quale di quei cultori sovrasti agli altri per eccellenza d'ingegno e per opera feconda di mag­gior progresso, spontaneamente ci fermiamo, prima, sul nome di Leonardo da Vinci, poiché il sommo artista, che svolse nel cenacolo il dramma più grandioso della umanità, e rivelò nel ritratto della Gioconda l'anima di un'abile incantatrice, pa­reggia il sommo scienziato, che in un tempo di grande igno­ranza, segnò la via che conduce a pensare ciò che è e significò il vero concetto della scienza.
Basti qui ricordare che di Leonardo scrisse testé un no­stro erudito: « per la sua immensa figura rappresenta un'epoca nella storia » e che un illustre straniero ha di recente scritto : « la scienza moderna è nata in Italia per opera di quel gran­dissimo artista ».
Che se l'opera scientifica di Leonardo rimase per qualche tempo nell'ombra, di ciò furon cagione le strane vicende su­bite dai numerosi manoscritti da esso lasciati, vicende, che insieme alla inerzia di nostra gente, hanno impedito che fosse già pubblicata di lui almeno una completa biografia nella no­stra lingua. Spetta a noi, anche per non rimanere indietro agli stranieri nel culto dei nostri più grandi ingegni, a di­sperdere completamente quell'ombra,  affinchè tutti possano contemplare l'effige di quel grande spirito nel suo pieno splen­dore, tanto più che collocato al suo posto anche nella sto­ria della scienza, vediamo in Leonardo l'uomo insuperabile per la bontà dell'animo e la bellezza della vita intima.


Leonardo, nato a Vinci nel 1452, nei suoi primi trenta anni che passò col padre a Firenze, fu molto laborioso e molto inquieto per il grande desiderio che aveva di produrre e di apprendere; era quella per lui una vita di preparazione. E quando fu già pittore, scultore, ingegnere e architetto, e cercava, come cercò sempre l'altrui aiuto materiale, cioè un protettore che, avendo fiducia nel di lui genio, fosse atto a fargli fare grandi opere, si recò prima a Milano agli sti­pendi di Lodovico Sforza avidissimo di gloria e di splendore nella sua corte, presso la quale lavorò con genio audace e maravigliosa attività durante 16 anni. Quindi passò breve tempo a Venezia quale pittore ; poi fu a Ravenna con Cesare Borgia in qualità di ingegnere militare; fu successivamente a Firenze, a Milano e a Roma per breve tempo, e infine nel­l'anno 1516, stanco della tirannide che dominava in molte città d'Italia, abbandonò dolente la patria e si ritirò sotto la protezione del Re di Francia nella rocca di Amboise, dove il fedele amico e discepolo Francesco Melzi, nel 2 maggio 1519, ne raccolse l'ultimo respiro ed ebbe per testamento i disegni e i manoscritti, che egli portò e conservò con la massima cura nella sua villa di Vaprio presso Bergamo ; ed avrebbe portato in Patria e conservato religiosamente anche la cassa di piombo che ne conteneva i resti mortali, se avesse preveduto la sorte infelice che essi ebbero in terra straniera.
Quei manoscritti, ordinati da Leonardo soltanto nel suo pensiero, col quale vagheggiava la possibilità di poter com­piere un'opera grande, riuniti in 120 libri, furono dall'autore stesso tenuti impenetrabili per evitare che le sue critiche delle dottrine scolastiche e le verità da lui scoperte fossero ma­lamente comprese e aspramente combattute, e perchè non vo­leva essere obbligato, per le sue difese, a perdere il tempo che gli era necessario per i suoi molteplici lavori.
Anche Francesco Melzi tenne segreti i manoscritti Vinciani, perchè più difficile per lui sarebbe stato il farne una seria difesa; fece però un estratto del trattato della pittura, della scultura e dell'architettura, del quale lavoro furon fatte alcune copie, delle quali una fu comprata da B. Cellini.
Non sappiamo quali disposizioni abbia lasciato Leonardo nel suo testamento circa la pubblicazione dei suoi manoscritti ; sappiamo però che egli desiderava che le sue scoperte non perissero e non fossero pubblicate col nome di altri.
Appena avvenuta la morte del Melzi, il figlio Orazio, ben diverso dal Padre, fece collocare in una soffiitta della casa paterna una cassa contenente certe carte polverose e ingial­lite di un certo Leonardo, morto allora da oltre 50 anni; e per liberarsi dall'ingombro che quelle carte gli recavano, le distribuì a ignoti richiedenti speculatori, di guisa che ben pre­sto, passando esse da una persona all'altra, furono disperse, non solo in varie parti d'Italia, ma in Francia, in Inghilterra, nella Spagna.... per il mondo.
Volle fortuna che dopo alcuni anni, forse in omaggio al nome del grande artista, si trovassero, come si trovano, raccolte in piccola parte nelle biblioteche principesche di Windsor e di Torino, in parte in altre biblioteche pubbliche e private, ma in grandissimo numero nell'Institut de France, dove fu­rono portate durante alcune vicende dolorose per l'Italia.
E qui è da notare che quelle carte, durante la loro disper­sione e il loro sonno nelle biblioteche, poterono essere facil­mente consultate dagli studiosi per loro personale profitto, e che pur facilmente alcuni di essi poterono dimenticarsi di indicare il vero autore di ciò che avevano appreso e poi pubblicato.
È noto che Benvenuto Cellini, nel cui animo la benevo­lenza non era eccessiva, appena letta la copia del trattato che aveva comprato, ne espresse il proprio giudizio dicendo: « que­sto libro era degno dell'ammirabile genio di Leonardo, e io non credo che più grande uomo sia mai venuto al mondo ». Sappiamo inoltre che quando nel 1797 furono pubblicati al­cuni speciali saggi estratti dai manoscritti di Leonardo per cura del Venturi, e specialmente quando, per cura del no­stro governo, fu pubblicato nel 1872 (in 300 esemplari!) il Sag­gio delle opere di L. d. V., estratto dal Codice atlantico, fu chiaramente rivelato, anche per noi, che lo spirito eminente­mente logico e intuitivo del grande artista tendeva verso la scienza, e che saliva all'altezza del vero genio, certamente per il felice connubio di una viva immaginazione e di una costante riflessione ; fu manifesto che in Leonardo, il grande amore per il bello era congiunto a pari amore per il vero, poiché mentre egli speculava sulla forma eletta delle cose; trasfondendo in tutte le sue opere d'arte un fascino miste­rioso, passava dalla prospettiva alla geometria, dal fenomeno della visione alla teoria della luce, dall'arte insomma e dalla pratica alla universalità del sapere.
Leonardo, per il quale il pensiero era la più ammirabile realtà umana, sicuro della veracità del conoscere naturale, os­servando attentamente, intravide nell'universo sensibile un perenne avvicendamento di azioni e di passioni con leggi generali che ne governano la successione, e che egli voleva svolgere dai fatti particolari ; vide le cause dei fenomeni na­scoste in un grande numero di fatti analoghi; e mentre per le sue ricerche, alla sua mente si allargavano i confini della scienza ed i fenomeni si moltiplicavano, intuì un nuovo me­todo d'indagine, col quale voleva che nell'osservazione, i sensi fossero aiutati da opportuni istrumenti, e la ragione fosse soccorsa da buoni criterii.
Però non si fermò a specializzare le regole del suo me­todo, in primo luogo perchè la natura del suo ingegno non gli consentiva minute specificazioni, e poi perchè sentiva vi­vamente il desiderio di applicarle allo studio degli svariatis-simi fenomeni che presentano i corpi, ed abbisognava perciò di molto tempo per le pratiche ricerche; però dalle sue note frammentarie si rilevano scritti con brevità e chiarezza questi criteri: È necessario frenare l'abuso dell'autorità e control­lare le idee con i fatti sperimentali; nel regno della natura sensibile non si può concedere che abbiano verità le scienze che cominciano e finiscono nella mente; prima di ragionare si deve osservare e la ragione deve elaborare i dati dei sensi ; la scienza che incomincia con la induzione non sarà compiuta finché, effettuata la misura dei rapporti con l'aiuto delle ma­tematiche, non abbia preso la forma deduttiva.
Come si vede, questi criteri non sono elucubrazioni astratte in forma di esercizi logici, ma regole suggerite da un ammi­rabile, divino buon senso, risultato dell'armonia perfetta tra tutte le facoltà di un animo fatto per l'analisi e la sintesi. E bisogna convenire che quelle regole comprendevano e com­prendono un concetto moderno della scienza, anche di quella che dicesi dell'avvenire.
Così, riflettendo da vero filosofo, cento anni prima di Ba­cone, Leonardo formulò il nuovo metodo sperimentale in un tempo in cui, sebbene apparisse nel modo di pensare il bi­sogno di novità, pure nell'insegnamento ufficiale era sde­gnosamente dispregiata la prova della esperienza, perchè que­sta occupava lo spirito in cose basse,vili e periture; in un tempo in cui il metodo d'indagine consisteva nel partire da principii astratti per derivarne, col solo sillogismo, delle verità da ritenersi poi indiscutibili ; in un tempo, infine, in cui l'os­sequio assoluto alla autorità dei libri aveva inaridito le fonti del pensiero, ed obliata così la natura per amore del discu­tere, la fisica era rimasta nelle antiche illusioni.
È noto che gli scolastici seguirono quel metodo irragio­nevole e insufficiente, perchè, fatta l'abitudine a principii anche strani, poco a poco se ne persuadevano e ad essi si in­catenavano con l'intelletto e la volontà, e quindi per amor proprio non osavano mai di ricredersi.
Intanto, il nostro artista scienziato, dopo aver creato nel suo pensiero, una nuova dottrina col sostituire la esperienza alla indUtftete verbale, si ribellò completamente agli scola­stici, che però combatteva con misura, per la mitezza del suo carattere, ma facendo conto che la loro scienza non esi­stesse. Adunque Leonardo fu un libero spirito moderno, un audace e sicuro novatore.
Si può ritenere per cosa probabile che i primi saggi della sua opera rinnovatrice nella scienza della natura, abbia avuto occasione di mostrarli nelle riunioni dei suoi discepoli all'Ac­cademia di L. d. V. istituita da Ludovico, alla quale inter­venivano gli ammiratori del di lui genio e della di lui bontà. Però degli argomenti trattati a voce intorno alla scienza in quell'Accademia, che ebbe vita breve, non si hanno notizie sicure.
Certo è che se Leonardo si era infastidito del metodo e della scienza degli scolastici, bisogna dire che grande era l'acutezza della sua mente, e grande la sua volontà per stac­carsi dagli uomini di quella civiltà informata di scolastica e di umanesimo, dal quale non si lasciò vincere, perchè esso rimaneva totalmente nei libri. Agli umanisti entusiasti Leo­nardo rispondeva che il bel parlare non è che il betlpensare ; e pare che avesse ragione, poiché è oggi riconosciuto non solo come il precursore della scienza moderna, ma altresì come il precursore dello stile naturale, ed ha meritato anche que­ste parole: « leggi gli scritti di lui per vedere a qual grado di gagliardia, di densità, di concisione e di limpidezza possa arrivare nella scienza chi ha osservazioni profonde e grandi pensieri da esprimere ; che quadri stupendi di colorito e di evidenza riesca a dipingere con |la penna chi ha delle cose la visione netta, luminosa e immensa, che egli aveva ».
Sarà difficile ai biografi dire che cosa egli apprese dagli antichi e dai contemporanei, i libri dei quali consultava per rilevarne gli errori. Si può affermare che in qualche cosa ebbe per maestro Archimede, ma, nel resto, ove si tenga conto della cultura dei tempi nei quali viveva, si ha ben ragione di credere che egli, per il suo genio, tanto nell'arte che nella scienza, fu prodigiosamente il vero maestro di sé stesso.
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Ma non meno degna del genio di Leonardo fu l'opera da lui compiuta applicando il suo metodo nello studio di ogni branca di scibile nel mondo delle cose, stabilendo i principii fondamentali di ciascuna di esse.
Infatti, dopo aver diviso col pensiero tutta la scienza della ingegnosa natura in varii trattati, osserva per ciascuno i fatti relativi principali, li confronta, ne ricerca le relazioni fondamentali, scuopre nuove verità e tutto nota nel suo li­bretto che portava sempre legato alla cintola.
E questo lavoro che costituisce il materiale di una vasta enciclopedia, è vivo nei manoscritti Vinciani, e sarà con­tenuto, un giorno, in molti volumi.
Della immensa luce che emana da quei manoscritti mi è concesso, in questo breve ricordo, di mostrarne soltanto qual­che vivo raggio, cioè qualche sentenza illustrativa del metodo sperimentale e di accennare qualche scoperta che maggior­mente manifesti il potente ingegno di lui.
Quanto egli fosse diligente osservatore della grande va­rietà nell'ordine mondiale, quasi tenendosi in dialogo con tutto ciò che vedeva, lo espresse egli stesso con queste belle pa­role : « nella contemplazione delle cose naturali sta la calma e il piacere della vita ».
Intorno alla sua indipendenza dagli eruditi del suo tempo scriveva : « molti penseranno di potermi biasimare perchè le mie prove vanno contro l'autorità degli uomini tenuti in grande riverenza dal loro giudizio inesperto, ma non consi­derano che le mie idee sono nate dalla pura e semplice espe­rienza, che è la vera maestra ».
Per i superstiziosi dell'autorità, scrisse: « chi discute allegando l'autorità, non adopera il proprio giudizio, ma la sua memoria; i declamatati dell'opera altrui, confrontati con gli inventori, interpetri tra la natura e l'uomo, sono come le immagini degli oggetti posti dinanzi ad uno spec­chio, confrontati con essi ; V immagine è niente, l'oggetto è qualche cosa ».
Per avvertire che la scienza delle cose naturali deve rea­lizzare l'ordine ideale dei fatti con il controllo dei fatti stessi notò: « fuggi i precetti di quegli speculatori che i loro ragio­namenti non confermano con la esperienza. Il buon giudizio nasce dal bene intendere, e questo dalla ragione aiutata da buone regole. Le regole della esperienza sono sufficienti per farti distinguere il vero dal falso, e ciò fa che gli uomini si promettano cose possibili e con più di misura ».
Riguardo ai limiti della esperienza scrisse molto giusta­mente : « la esperienza non falla mai, ma fallano i nostri giu­dizi, promettendoci da lei cose che non sono in sua facoltà. Il massimo inganno degli uomini è nelle loro opinioni, le quali non si modellano sulla natura, ma modellano questa alle proprie immagini. Mia intenzione è allegare prima la esperienza, e poi con la ragione dimostrare che essa è co­stretta in tal modo ad oprare ».
E fa osservare ancora che se conviene che all'immagine astratta di ciò che apparisce sia sostituita la osservazione dei fatti sperimentali, importa altresì ricordare che la espe­rienza non può dare che i fatti e le leggi, e che la -indagine delle analogie e delle cause è opera della ragione, fattore più elevato dei sensi. Il qual criterio è stato seguito, in ogni tempo di vero progresso, dai più prudenti studiosi, per i quali la prima ed ultima officina, il massimo laboratorio è il proprio cervello, dove si elabora tutto ciò che è provato in ogni materiale manipolazione.
Leonardo ha molta fiducia nella ragione, ma non intende di limitare il moto dello spirito umano, e tenendosi pruden­temente nel campo del sensibile, osserva soltanto che la cer­tezza in esso non è la certezza della metafisica, della quale non si occupa.
Nella immensa realtà fenomenica intravede una grande regolarità, una stupenda armonia, indipendente dallo spirito che l'osserva, e così si esprime: « natura non rompe sue leggi, cioè la legge è infusa nella natura e costringe ogni fenomeno a compiersi in un dato modo e sempre lo stesso; la necessità, è tema e inventrice della natura; o stupenda necessità, tu costringi con data legge ogni effetto per la via più breve a partecipare della sua cagione ». E una tale con­dizione rende possibile la previsione degli avvenimenti, della quale ci offre continui esèmpi l'astronomia.
Nella indefinita varietà dei fenomeni, da buon filosofo della scienza, non perde mai di vista la unità elementare di essi, cioè il movimento, che serve ad esprimere le rela­zioni fra tutto ciò che avviene tra le cose: « ogni effetto, scrisse, partecipa della sua causa, tutti gli effetti sono dimo­strativi delle loro cagioni, e il moto è cagione di tutta la vita ». Di guisa che può dirsi che il concetto di moto, che non si crea, ma continuando si diffonde e si trasforma, dando origine ai più svariati fenomeni, sia destinato a sopravvi­vere, nelle teorie, finché non si vogliano cercare inutilmente nell'universo gli enigmi, o immaginare i simboli senza realtà obiettiva.
Leonardo, innamorato della meccanica, che appella il paradiso delle matematiche, comprende che espressa una legge con una formula matematica, si possono dedurre conseguenze che servono a far riconoscere la verità di un principio fon­damentale nella scienza. Per lui la leva è l'ordigno elemen­tare di ogni macchina industriale, e lo studio di essa dà il modo di proporzionare le cause agli effetti voluti.
Completò il lavoro di Archimede sul centro di gravità dei corpi solidi; seguendo la comune esperienza stabilì il principio d'inerzia e quello della indipendenza dei movimenti;
indagò le leggi del moto dei corpi liberi; scuoprì con espe­rienze ingegnosissime le leggi dell'attrito; riconobbe la im­possibilità di creare la forza dal niente, e che di essa pos­siamo solo trasformare gli effetti; intuì il principio delle velocità virtuali; fu il primo ad avvertire alcuni ingenui amanti del perder tempo, dicendo: « o speculatori del moto perpetuo, andate con i cercatori dell'oro con i vostri vani disegni ».
Considerando la composizione dell'acqua fondò la idro­statica, e riconobbe un secolo prima del Pascal un princi­pio, che nei libri scolastici viene attribuito ad esso. Cento anni prima del Castelli enunciò i principii fondamentali del­l'idrodinamica e dell' idraulica; studiò l'acqua in tutte le con­dizioni che presenta sulla terra, e dirigendola opportuna­mente si propose di conseguire, ed ottenne infatti, con le eseguite canalizzazioni, effetti utili e svariati ; stabilì la teoria dei vortici, che hanno origine quando 1 acqua incontrando un ostacolo cambia il moto rettilineo in circolare-vorticoso.
Scavando un canale trovò dei fossili marini, sui quali si ripetevano dai dotti e dal vulgo i più strani e ridicoli pre­giudizi ; li esamina e tosto intuisce di essi la vera natura, la vera origine, e li considera giustamente quali documenti della storia della terra. Riconobbe come l'azione potente e continua delle acque correnti modifichi col tempo la super-fice della terra, e scrisse: « 11 Po dissecca l'Adriatico, nel modo stesso che ha messo a secco una gran parte della Lom­bardia », notò che « le pietre stratificate della montagna erano strati di fango depositati in fondo al mare ». Insomma, cercando negli effetti visibili la cagione con audace visione del passato, dette i fondamenti sicuri della Geologia.
Respinse le nozioni di astronomia di Aristotile, secondo il quale gli astri dovevano considerarsi incorruttibili ; rompe con audacia cosciente le sfere che avrebbero rinserrato il mondo, che invece si estende all'indefinito; affermò che le leggi che governano il nostro pianeta sono leggi universali e che una stessa forza governa il movimento di tutti i corpi celesti ; scuoprì la causa della luce cinenerea della luna, e, a dir breve, fondò con sicurezza l'astronomia moderna.
Egli è il Padre dell' anatomia figurata, di cui si occupò per tutta la vita, scrivendo di essa un trattato di grande valore; fondò pure F anatomia comparata, la fisiologia, V embriologia e la botanica.
Una delle scoperte più geniali fatte nella fisica da Leo­nardo è la teoria generale del moto ondulatorio, che serve a intendere il fenomeno della propagazione a distanza del suono, del calore, della luce, teoria che fece riconoscere que­sti agenti naturali quali forme di movimento, e condusse al concetto della unità delle forze fisiche. Egli scrisse mirabil­mente: « io dico che se tu gitterai in un medesimo tempo due piccole pietre alquanto distanti I'una dall'altra sopra un pelago di acqua senza moto, tu vedrai avanzare due se­parate quantità di cerchi, le quali conservandosi, vengono a scontrarsi insieme, e poi intersecandosi l'un circolo con l'altro, senza confondersi, mantengono sempre per centro i luoghi percossi dalle pietre ». Quindi considerando che le conquiste teoriche della scienza sono le generalizzazioni fatte con la guida dell'analogia, seguitò scrivendo: « siccome la pietra nell'acqua si fa centro e causa di circoli varii, e il suono circolarmente si propaga, ogni corpo posto infra l'aria luminosa (cioè l'etere) determina un moto che si diffonde circolarmente ed empie le circostanti parti della sua imma­gine riprodotta indefinitamente, ed appare tutto per tutto a tutto in ogni parte ». Alla quale teoria, che molto sodisfa lo spirito degli studiosi, si riferisce, come suggerimento e appli­cazione, la celebre scoperta di Hertz, che fu il fondamento della telegrafia senza fili.
Leonardo scuoprì le leggi della riflessione dei movimenti che sono cause dell'eco e della produzione delle immagini negli specchi; suonando il liuto scuoprì il fenomeno impor­tantissimo e universale della risonanza e lo descrive con aurea naturalezza dicendo : « la corda che vibra nel liuto fa vibrare nel liuto vicino la corda che dà la medesima nota ».
Due secoli prima del Borelli diede sul volo degli uccelli una completa teoria.
* *
Ma Leonardo è genio universale, che vuole non solo scuoprire nuove verità, sodisfare lo spirito con nuove e ra­zionali interpetrazioni e conoscere le cause per ottenere libe­ramente gli effetti, ma vuole anche la gioia dell'inventare, poiché per lui ogni idea giusta è forza che agisce, quando abbia relazione col mondo esteriore; desidera procurare agli uomini più comodo il lavoro, e i mezzi di difesa contro le forze nemiche della natura, ed è noto che i suoi manoscritti contengono i più svariati disegni di macchine destinate a sodisfare le più semplici esigenze della vita ; egli costruì istru-menti per misurare la velocità delle acque correnti, e per misurare le intensità relative da due sorgenti di luce, istru-menti, questi, che il Buguer e il Bunsen si sono attribuiti; inventò una macchina filatrice, la mongolfiera, il paracadute, un pluviometro ; costruì piani di difesa, ponti mobili ; inventò e perfezionò armi da fuoco ; inventò una macchina per volare, e insomma anche in questo campo di attività riesci inesau­ribile.
Avvertì però, intorno all' empirismo che dimentica la scienza, che « coloro i quali si innamorano della pratica senza la scienza, sono come il navigatore che parte sulla nave senza bussola e che non sa mai con certezza dove va ». Sempre, aggiunge, « la pratica deve essere edificata sulla buona teoria ».


Questi pochi cenni intorno al pensiero di Leonardo ser­vono a far. comprendere come un illustre straniero, il pro­fessor Sèaltes, dopo aver esaminati alcuni dei manoscritti
Vinciani, abbia avuto ragione di scrivere, in un suo prege­vole e recente libro, questo giudizio: per il suo metodo, per i suoi lavori, per le sue scoperte, egli apre un secolo avanti Ga­lileo l'èra del pensiero moderno, giudizio che è ampiamente confermato dal fatto che il pensiero scientifico di Leonardo è quello stesso che da tre secoli persegue lo spirito degli stu­diosi, e costituisce una vera rivendicazione.
E qui la storia della scienza avrà un punto delicato da risolvere, cioè: se, e quanto il Galilei abbia potuto e voluto giovarsi dei manoscritti di Leonardo, poiché per molti anni sono stati, in certo modo, a sua disposizione, come lo furono per il Cardani, per il Porta, per lo Stein, pel Castelli e per altri. E già vi è chi afferma che le idee di Leonardo, già dif­fuse in Italia, esercitarono una influenza sulle speculazioni di Galileo, che poi ebbe il grande merito di ridurre in corpo di scienza i criteri del metodo di lui ed applicò pur esso magistralmente con genio italiano.
Il qual metodo, fin da quando incominciò a rifiorire util­mente la filosofia di Platone, passando lentamente si ma per buona tradizione da un intelletto all'altro, servi non solo a facilitare la scoperta di nuovi fatti e di nuove leggi, ma al­tresì a verificare le ipotesi e a dare più sicuro fondamento alle teorie, sempre utili, senza le quali la scienza si ridur­rebbe, con poca dignità e con poca possibilità di progresso, ad un semplice catalogo di fatti e di fatterelli.
Considerando ora il rinnovamento compiuto ed i pro­gressi ottenuti nella scienza per opera di Leonardo, si com­prende come egli, mentre pensava e scriveva giorno per giorno le sue note, potesse avere, come aveva di fatto, il presentimento che esse, cessate almeno in gran parte le av­versioni degli scolastici, e appena conosciute dagli studiosi più liberi dalla vieta tradizione medioevale, potevano avere la virtù di affrettare di qualche secolo il progredire della scienza e della civiltà; e si comprende pure come quel pre­sentimento riuscisse al suo animo di grandissimo conforto anche quando i trionfi artistici di Michelangiolo e~di Raffaello, ai quali aveva insegnato la teoria della luce e delle ombre, la prospettiva e l'anatomia, depressero in qualche momento lo spirito del Maestro, che era poi insuperabile nell'ideale artistico che in grazia della scienza risplendeva maggior­mente nella mente di lui.
Scrisse Leonardo : « la natura è piena d'infinite ragioni (o cagioni) che non furono mai in esperienza ». Se però è non piccolo il numero dei nuovi fatti sperimentali che rivelino quelle cagioni, e che d'anno in anno vengono annunziati, bene scarso è quello dei fatti veramente luminosi, che siano cioè atti ad influire sulla razionale evoluzione delle teorie fisiche, offrendo per essa punti sicuri di appoggio. Per questa condizione, e per quel più o meno di nebbia che può trovarsi tra il vero e l'intelletto, potrà avvenire che alcune delle teorie più sodisfacenti divenuteci familiari, non appariscano più le stesse per tutti, e che allora possa do­mandarsi se esse sono o no da ritenersi per vere o almeno per verosimili. Ebbene, mi si conceda questo atto di am­mirazione per Leonardo scienziato, augurando che sorga un genio pari a questo che egli ebbe, ogni volta che o una interpretazione fantastica di fatti veri, o una critica eccessiva che avvolgendosi nella metafisica confonde ad es. la trasfor­mabilità con la distruggibilità delle cose, moltiplicano i dubbi, che indeboliscono la fede nella scienza sì da farla apparire in uno stato di perenne formazione, e, quando lo scetticismo assale, quasi un giuoco dello spirito, che niente possa cono­scere della realtà. E ripetiamo quell'augurio quando in libri che trattano di scienza moderna, si leggono dei giudizi come questi dettati dal signor Le Roy: « l'intelligenza deforma tutto ciò che tocca, e ciò è più vero ancora del suo istru-mento necessario, il discorso; della realtà non abbiamo che le nostre impressioni fuggevoli, e questa medesima realtà svanisce allorché si tocca ». Ma veramente la scienza coltivata da Leonardo si è sempre mantenuta nella realtà delle cose e delle loro armonie, che egli comprendeva senza separarne l'ideale, che ne è la continuazione; quella scienza si è sem­pre mantenuta nella vita, che egli voleva veramente umana.
Però, anche quando una futura associazione di fisici, di matematici, di chimici e di fisiologici, sia per correggere, completare, annullare ipotesi teorie e principii, non saranno, in generale, annullate le scoperte di Leonardo accettate sino ad ora, e tanto meno saranno rifiutati i criteri del metodo sperimentale che genialmente concepì e magistralmente ap­plicò; perciò il di lui nome nella scienza rimarrà perenne insieme al grandissimo merito che gli è dovuto, di aver cioè, in un tempo di medioevale ignoranza, orientato la scienza della natura verso il suo degno fine.
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* *
Scrivendo questi ricordi mi ha accompagnato fin da prin­cipio un vivo desiderio già da altri espresso, e che è dove­roso il ripetere finché occorrerà; mentre gli ammiratori del grande artista, alcuni dei quali forse deplorano 31 gusto di Leonardo per la scienza, ricercarono e trovarono molte delle più piccole particolarità della vita di lui che, unite alle leggende, hanno già servito a comporre un piacevole romanzo, gli am­miratori del grande scienziato attendono che venga fatta una edizione integrale nazionale dei manoscritti Vinciani.
E poiché di una tale pubblicazione è stata incaricata, fino dal 1892 e con reale decreto, una speciale Commissione, è desiderabile che essa, ascoltando anche l'ammirazione en­tusiastica per quella eminenza umana, ritardi il meno possi­bile a compire l'assunto importantissimo incarico.
Attendiamo questa pubblicazione, perchè ci renderà più disposti ad amare le glorie di casa nostra, ed anche perchè, pur deplorando l'assoluta impossibilità di possedere i resti mortali di Leonardo, servirà ad inalzare a lui, dopo quello che gli spetta in Santa Croce, il più degno e duraturo mo­numento.

È ben difficile predire quando quei due monumenti sa­ranno compiuti, non avendo essi relazione con i fatti della politica giornaliera che sa eccitare l'entusiasmo popolare verso gli uomini illustri. Noi, attendendo, raccomanderemo per prudenza, ai nostri eredi, di imitare il nostro esempio, ripe­tendo cioè il giusto desiderio.
Intanto, l'animo nostro esulti pensando almeno che, tra breve tempo, una delle più belle navi della nostra marina da guerra, porterà anche ai lidi lontani il nome di Leonardo da Vinci, genio straordinario nell'arte e nella scienza, vera gloria italiana.


 Autor: Vincenzo Burzagli 

Palavras-chave: Leonardo da Vinci; burzagli; Montevarchi; vincenzo burzagli 

Ano: 1910 

Língua: Italiano 

Disponível em: <http://www.archive.org>

sábado, 4 de fevereiro de 2012

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